1795 07 25 BODONI AZARA b

Summary

S. n. [continuación de la anterior].

De Giambattista Bodoni [Parma] a José Nicolás de Azara [Roma].

Bodoni muestra la sinrazón de las envidias que le persiguen en el Ducado, donde recibe una escasa remuneración, proporciona trabajo a diversas familias y estampa libros que difunden el nombre de Parma por Europa. Asegura que, de haber aceptado las propuestas de los austríacos, su situación económica y su reconocimiento en el país sería mucho mayor. Solicita a Azara favorecerle ante el gobierno de Madrid, al que mira con esperanzas de mejorar su situación a través de la venta de su utilería tipográfica. Confiesa el daño sufrido por un robo pertrechado en su oficina parmense, sugiere la aparición de otras propuestas, en Venecia o Milán, y elogia la labor del abate Dal Fiume, al que confió transportar sus Gerusalemme para la Corte madrileña y que logró con éxito desembarcarlos en Barcelona.

 

Transcription

Parma, 25 luglio 1795a.

La grazia accordatami da Sua Altezza Reale di poter eseguire i classici latini, italiani e greci sui miei torchi propri si riguarda qui da alcuni maligni come se avessi avuto un pezzo di corona ducale. Eppure se costoro vedessero le cose nel suo vero aspetto, io gli farei piuttosto compassione che invidia. Io percepisco, è vero, anualmente dall’erario regio 6 mila lire, ma debbo dare sei copie di tutto ciò che da me si stampa; cioè a Sua Altezza Reale, al Principe Ereditario, al Ministro di Stato, alla Reale Biblioteca, al Santo Offizio, al Presidente degli Studi e forse, dopo di averne già avute vari delle più pregevoli, pretenderebbe anche la sua il Mitrale. Per acquistar la serie di tutte le varie edizioni da me esequite in cinque anni, ci vogliono dugento zecchini; dunque, le dette copie sestuplicate ne costano mille dugento, che fanno 53 mila lire parmensi, ed io ne ho percepito 30 mila in un quinquenio. Se poi da questa somma ultima si vorranno detrarre lire cento mensuali, che debbo pagare pel solo porto delle lettere alla posta, ed altre cento lire che ho sempre aggiunto del mio alla paga di un abile compositore che supplisce con attività per me nella Reale Stamperia, tutta la somma che ho avuto si reduce a 18 mila lire di questa moneta, somma veramente miserabile e tenuissima in confronto di 30 mila lire che ha il primo architetto e quasi altrettanto il primo pittore, senz’obbligo di tirare una sol linea, e de’ quali artista non esiste neppure una sol fabbrica di qualche riguardo né trovasi un sol quadro del secondo in tutto questo paese.

Io taccio sulla celebrità e sul benefizio che ho recato a Parma, avendola resa rinomata in Europa e facendo sussistere in tempi calamitosissimi un non indiferente numero di famiglie col mio denaro e, quantunque al presente non si vendano libri, pure faccio circolare annualmente pocob meno di due mila zecchini. Taccio che se avessi voluto passare a Milano sino da’ tempi del Conte di Firmian e dell’attuale Signor Conte di Wilzekz, che mi onora di una particolar benevolenza, avrei ottenute ed otterrei ancora condizioni decorose e proficue. Taccio che ho sempre ritenuto per servizio della sola Stamperia Reale per tanti e tanti anni tutta la mia suppelletile di polzoni, matrici e forme ed ordigni che mi hanno costato somme enorme negli operai subalterni e ne’ gettatori, quando che se mi fossi risolto a distrarla –e ne ho ancora vari eccitamenti ed inviti– mi avrebbe apportato qualche migliaio di scudi di entrata –per non dir di zecchini–, in vece di poche lire parmensi che godo invidato da qualche briccone.

Taccio sopra molte altre cose e particolarità perché mi chiamo abbondevolmente compensato da quel poco di gloria che ho saputo procurarmi colle opere già pubblicate e cognite alle più culte nazioni d’Europa, e ricevo tutto dì non equivoche testimonianze di stima e di lode dagli esteri che, appena giunti in Parma, o vengono da me o subito mi fanno ricercare. Eccole un bel pezzo di storia recondita, ma pur veridica della situazion[e] mia. I posteri stenderanno a credere queste stravaganze, giacchè non ignoro che i contemporanei mi credono l’uomo il più felice e fortunato ch’esista all’ombra de’ bei gigli d’oro. Ed io manco di tutto; e si tenta tutto or’ per sedurmi i giovini, or’ perché non abbia la carta opportuna per le mie intraprese. E senza la particolare, amorevole e disinteressata assistenza dell’unico mio amico Signor Don Gaetano Ziliani, a cui professerò obbligazioni sino alla morte, non avrei potuto progredire ne' miei impegni per mancanza della carta, che tale mio generoso fautore mi ha sempre provveduto.

Prosegua dunque Vostra Eccellenza a tener vive e raccomandate le mie buone intenzioni a’ Suoi amici di Madrid, acciò al ritorno della pace, che da tanto tempo sospiriamo, possa la mia pregevolissima collezione passare colà ed io ne ottenga, se non adeguato e giusto compenso alle tante e sì lunghe mie fatiche, mi risarcisca almeno in parte delle incredibili spese che ho dovuto sostenere nella formazione della medesima e possa una volta dire: parta labore quies.

Dopo di aver io serbato gelosamente nel mio angusto appartamento per ben dieci anni da cento e più pagine diverse de’ molti e vari miei caratteri esotici, che io avea fatto gettare con grave spesa e pazienza e che io stesso avea preparate e composte ne’ miei anni più fervidi e robusti, volea nella corrente estate farle ristampare per compire la seconda parte del mio vastissimo Manuale tipografico. Le feci trasportare sul principio di giugno nella mia particolare Stamperia, e tutte mi sono state derubate da’ladri entrati per la ferriata di una finestra esposta lungo il fiume Parma. Appena accortomi di tale depredazione sono ricorso al Tribunale criminale per tentare se si potea rintracciare l’autor del furto. Si ritrovarono diffatti; ed è cosa singolarissima che il rubamento seguisse tra un’ora e le due dopo mezza notte. Alle cinque furono venduti i detti caratteri ad uno stracciaiolo e questi alle ore sette ne avea già squagliate da cento e più libbre e vendutele per piombo. Alle undici della mattina stessa, i birri ritrovarono la moglie di questo furtante colla padella sul fuoco, tutta occupata ed attenta a far liquefare il residuo, che era di parecchie altre centinaia di libbre, che si sono ricuperate fuse ed inservibili. Io sono dolente oltre modo di tanta perdita perché, oltre a qualche centinaio di zecchini che mi potrebbe costare il farli tutti rifondere di bel nuovo, non so lusingarmi di aver tanta salute e vita né tanta energia ed ozio per ricominciar un lavoro che mi ha costato spese e fatiche improbe. Dirò dunque col pazientissimo profeta: Deus dedit, Deus abstulit, etc. etc.

Mi resta dunque a concludere questa omai troppo noiosa palinodia col supplicar fervidamente Vostra Eccellenza acciò si degni solamente accennarmi se le mire concepite sul collocamento del mio arsenale tipografico in Spagna siano fra gli avvenimenti possibili, oppure abbiansi a riguardare come illusioni chimeriche. Una sola silaba negativa od affermativa basta a consolarmi ed a farmi uscire dal bivio o trivio in cui sono, e non gliene farò misterioso arcano. Anche nello attuale sconvolgimento d’Europa, il leone alato accoglierebbe nelle sue zanne i miei tipi, che si riporrebbero presso ai codici del Bessarione, non senza certeza di avere condegno compenso, come già l’ebbe il Petrarca per la sua biblioteca. Tanto è vero che io colle mie edizioni ho saputo destare gelosia ed invidia agli intelligenti ed avveduti Signori Riformatori veneti.

Al ritorno poi della pace, vi è tutta certeza che nella metropoli dell’Insubria si possa mettere in piedi un tipografia per uso di quel Governo, essendo morto già da qualche tempo lo Stampatore Regio Imperiale Ricchini Malatesta. Ed io potrei avere le offerte che ricusai sino da’ tempi del Conte di Firmian per quello che riguarda la mia collezione. Ma quello che soprattutto m’incalza si è che debbo dare decisivo riscontro al mio amico Denina, il quale con lettera del 7 corrente luglio mi ricerca per Berlino una serie di matrici di dodici diversi caratteri greci, con tutti i rispettivi loro accenti. Per quanto utile ed onorifica mi possa riuscire questa richiesta, non mi ci saprò mai risolvere se un sol raggio traluce di speranza che la mia offerta alla Spagna possa essere gradita ed accetta. Da Vostra Eccellenza null’altro imploro che un nudo , od un no aperto.

Io mi sono giovato della favorevole opportunità che certo Signor «Abate del Fiume», bolognese e Capellano al servizio di Spagna, venuto qui ad accompagnare l’ottimo ed onestissimo Signor Conte Cesare Ventura, se ne è ritornato a Madrid per trasmettere colà le copie del mio Tasso. Egli giunse a Barcellona il 26 dello scorso giugno e scrive che il bastimento danimarchese su cui erasi imbarcato alle alture di Marsiglia venne visitato da alcuni corsari francesi, i quali hanno preso quanto loro occorreva di attrezzi navali e decimate le robe ai passaggieri; ed egli solo è stato rispettato perché era munito del passaporto del Ministro francese residente in Venezia. Senza questa precauzione dello scaltro prete, io avrei perduta la mia casa di libri del valore di oltre 150 zecchini. Il peggio sarebbe stato che per quest’anno non avrei più potuto mandare colà altre libri, e gli associati si sarebbero irritatic con ragione di tanta mia lentezza nel dar loro questi miei sì aspettati classici italiani.

[G. B. Bodoni].

 

a Antes de 1795 cancela giugno y antes de la fecha, en la parte superior izquierda, anota el destinatario y el destino: Cavaliere Azara. Roma     b Había empezado a escribir d y corrige.     c Había escrito irrittati y corrige.

 

Editor notes

Documentary and bibliographic data

Nota bene

Véanse las otras partes de esta minuta, del correo de 25 de julio de 1795: a y c.

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